Dove la salute incontra l’innovazione e le nuove tecnologie
La medicina del dato: come l’AI sta rivoluzionando la gestione delle malattie infiammatorie intestinali
Sono 250.000 le persone che, in Italia, soffrono di malattie infiammatorie intestinali (IBD). L’adozione di nuove tecnologie, specialmente quelle basate sull’intelligenza artificiale, sta rivoluzionando lo scenario della diagnosi e della gestione di tali patologie, ampliando l’accesso alle cure in modo più omogeneo su tutto il territorio nazionale e potenziando le competenze dei professionisti sanitari.
AI e IBD: una trasformazione in corso
Negli ultimi anni, l’uso dell’AI nella gestione delle IBD (che include condizioni come Morbo di Crohn e colite ulcerosa), è cresciuto in modo esponenziale. Gli algoritmi di machine learning vengono applicati soprattutto per tre scopi: diagnosi, predizione della risposta a terapie, e prognosi. In Italia, la gestione delle malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) sta vivendo una fase di forte evoluzione grazie all’integrazione di tecnologie basate su AI e analisi avanzata dei dati. L’obiettivo è sempre più chiaro: riconoscere i segnali preclinici, anticipare la diagnosi e guidare percorsi terapeutici altamente personalizzati. Oggi, le applicazioni di intelligenza artificiale in endoscopia permettono di analizzare le immagini in tempo reale durante le colonscopie, evidenziando alterazioni che potrebbero sfuggire all’occhio umano del medico. Lo stesso paradigma si sta estendendo ad altri metodi di imaging: risonanza magnetica ed ecografia intestinale supportate da algoritmi avanzati permettono un monitoraggio continuo e più oggettivo della risposta alle terapie, contribuendo a decisioni cliniche più mirate.
Verso una medicina realmente preventiva
Una delle aree emergenti riguarda l’identificazione dei segnali che precedono l’esordio clinico delle malattie infiammatorie croniche intestinali: l’analisi di biomarcatori ematici e fecali, lo studio del microbiota e la valutazione dei pattern immunologici stanno delineando un nuovo modello di intervento precoce. L’obiettivo non è solo anticipare la diagnosi, ma modificare la traiettoria di malattia fin dai primi segni biologici, prima che compaiano danni strutturali o complicanze. Si tratta di un passaggio fondamentale verso una medicina realmente preventiva. Ad ogni modo, la trasformazione in atto è alimentata anche dall’ingresso di professionisti con competenze digitali avanzate, capaci di integrare tecnologie innovative nei percorsi clinici tradizionali. Il loro contributo sta accelerando l’adozione di strumenti predittivi, approcci basati sui dati e pratiche orientate agli esiti a lungo termine.
Dai dati grezzi ai “big data sanitari”: un salto di paradigma
Un recente studio condotto nel 2025 ha mostrato come, modelli basati su LLM (Large Language Model), siano in grado di convertire automaticamente decine di migliaia di referti clinici non strutturati in dataset standardizzati e interoperabili. Si tratta di un passaggio cruciale: L’AI consente di trasformare molte informazioni cliniche (note del medico, referti endoscopici, immagini, ecc.) in dati analizzabili su larga scala, garantendo coerenza, privacy e scalabilità. Grazie a questo, è oggi realistico immaginare un’integrazione reale di dati clinici, molecolari, istologici e radiologici, all’interno di piattaforme “big data” dedicate alle IBD.
Clinica e personalizzazione: diagnosi più precise, cura su misura
L’integrazione dell’AI nella gestione delle IBD sta rendendo l’approccio clinico sempre più preciso e personalizzato. Gli algoritmi sono in grado di individuare con maggiore accuratezza le lesioni intestinali, valutare in modo oggettivo l’attività di malattia durante le endoscopie e ridurre la variabilità legata all’esperienza del singolo operatore. Allo stesso tempo, combinando dati genomici, microbioma, istologia, immagini e informazioni cliniche, l’AI può aiutare a prevedere la risposta alle terapie, a identificare i pazienti a maggior rischio di riacutizzazioni e a guidare scelte terapeutiche su misura.
Il suo impiego nell’ambito delle malattie infiammatorie intestinali (IBD) riflette un Sono 250.000 le persone che, in Italia, soffrono di malattie infiammatorie intestinali (IBD). L’adozione di nuove tecnologie, specialmente quelle basate sull’intelligenza artificiale, sta rivoluzionando lo scenario della diagnosi e della gestione di tali patologie, ampliando l’accesso alle cure in modo più omogeneo su tutto il territorio nazionale e potenziando le competenze dei professionisti sanitari.
AI e IBD: una trasformazione in corso
Negli ultimi anni, l’uso dell’AI nella gestione delle IBD (che include condizioni come la malattia di Crohn e la colite ulcerosa), è cresciuto in modo esponenziale. Gli algoritmi di machine learning vengono applicati soprattutto per tre scopi: diagnosi, predizione della risposta a terapie, e prognosi. In Italia, la gestione delle malattie infiammatorie croniche intestinali (IBD) sta vivendo una fase di forte evoluzione grazie all’integrazione di tecnologie basate su AI e analisi avanzata dei dati. L’obiettivo è sempre più chiaro: riconoscere i segnali preclinici, anticipare la diagnosi e guidare percorsi terapeutici altamente personalizzati. Oggi, le applicazioni di intelligenza artificiale in endoscopia permettono di analizzare le immagini in tempo reale durante le colonscopie, evidenziando alterazioni che potrebbero sfuggire all’occhio umano del medico. Lo stesso paradigma si sta estendendo ad altri metodi di imaging: risonanza magnetica ed ecografia intestinale supportate da algoritmi avanzati permettono un monitoraggio continuo e più oggettivo della risposta alle terapie, contribuendo a decisioni cliniche più mirate.
Verso una medicina realmente preventiva
Una delle aree emergenti riguarda l’identificazione dei segnali che precedono l’esordio clinico delle malattie infiammatorie croniche intestinali: l’analisi di biomarcatori ematici e fecali, lo studio del microbiota e la valutazione dei pattern immunologici stanno delineando un nuovo modello di intervento precoce. L’obiettivo non è solo anticipare la diagnosi, ma modificare la traiettoria di malattia fin dai primi segni biologici, prima che compaiano danni strutturali o complicanze. Si tratta di un passaggio fondamentale verso una medicina realmente preventiva. Ad ogni modo, la trasformazione in atto è alimentata anche dall’ingresso di professionisti con competenze digitali avanzate, capaci di integrare tecnologie innovative nei percorsi clinici tradizionali. Il loro contributo sta accelerando l’adozione di strumenti predittivi, approcci basati sui dati e pratiche orientate agli esiti a lungo termine.
Dai dati grezzi ai “big data sanitari”: un salto di paradigma
Un recente studio condotto nel 2025 ha mostrato come, modelli basati su LLM (Large Language Model), siano in grado di convertire automaticamente decine di migliaia di referti clinici non strutturati in dataset standardizzati e interoperabili. Si tratta di un passaggio cruciale: L’AI consente di trasformare molte informazioni cliniche (note del medico, referti endoscopici, immagini, ecc.) in dati analizzabili su larga scala, garantendo coerenza, privacy e scalabilità. Grazie a questo, è oggi realistico immaginare un’integrazione reale di dati clinici, molecolari, istologici e radiologici, all’interno di piattaforme “big data” dedicate alle IBD.
Clinica e personalizzazione: diagnosi più precise, cura su misura
L’integrazione dell’AI nella gestione delle IBD sta rendendo l’approccio clinico sempre più preciso e personalizzato. Gli algoritmi sono in grado di individuare con maggiore accuratezza le lesioni intestinali, valutare in modo oggettivo l’attività di malattia durante le endoscopie e ridurre la variabilità legata all’esperienza del singolo operatore. Allo stesso tempo, combinando dati genomici, microbioma, istologia, immagini e informazioni cliniche, l’AI può aiutare a prevedere la risposta alle terapie, a identificare i pazienti a maggior rischio di riacutizzazioni e a guidare scelte terapeutiche su misura.
Il suo impiego nell’ambito delle malattie infiammatorie intestinali (IBD) riflette un cambiamento nella filosofia stessa della cura: da reattiva a preventiva, da generica a su misura, da episodica a continua e data-driven.cambiamento nella filosofia stessa della cura: da reattiva a preventiva, da generica a su misura, da episodica a continua e data-driven.
Giornata internazionale delle persone con disabilità: la salute è un diritto universale
Il 3 dicembre di ogni anno si celebra la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, nata per promuovere consapevolezza, inclusione e diritti per un gruppo di cittadini troppo spesso invisibile. Promossa dalle Nazioni Unite, questa giornata rappresenta un invito concreto a riconoscere le barriere (fisiche, sociali, culturali) che ancora oggi impediscono a molte persone di partecipare pienamente alla vita.
Una questione globale, una sfida personale
Nel mondo vivono oltre un miliardo di persone con disabilità, ovvero circa il 15% della popolazione globale, secondo i dati della World Health Organization (WHO). La Giornata serve anche a ricordarci che “disabilità” non significa un solo tipo di condizione: la disabilità può essere fisica, sensoriale, motoria, intellettiva, mentale. Ognuna richiede attenzione, diritti e inclusione.
Il contesto italiano
E in Italia? Secondo gli ultimi dati disponibili dell’ISTAT, nel nostro Paese vi sono circa 3,1 milioni di persone con disabilità, pari a circa il 5,2% della popolazione. Di queste, una parte significativa (e soprattutto anziana) convive con limitazioni gravi che impediscono lo svolgimento di attività di vita quotidiana. Un dato allarmante riguarda il lavoro: nella fascia d’età 15–64 anni, solo circa 32-33,5% delle persone con disabilità risulta occupata, contro il circa 60% della popolazione senza disabilità.
Questa disparità riflette non solo difficoltà di accesso al mercato del lavoro, ma spesso anche carenze nell’inclusione attiva, nelle misure di adattamento, nella formazione e nei servizi di supporto. Oltre all’occupazione, un’altra dimensione critica è quella economica e sociale: secondo un recente rapporto, circa un terzo delle persone con disabilità in Italia è a rischio povertà. Spesso, infatti, le famiglie devono sostenere costi elevati per cure, adattamenti, assistenza: si tratta di un peso aggiuntivo, in un contesto in cui i servizi e il sostegno pubblico non sempre sono adeguati.
Innovazione e inclusione: quando la tecnologia può aiutare
Negli ultimi anni, diversi studi e progetti hanno cercato di trasformare la sfida dell’inclusione in opportunità, puntando sull’innovazione. Un esempio recente è un sistema di intelligenza artificiale progettato per facilitare l’incontro tra persone con disabilità e potenziali datori di lavoro. Il progetto, pensato come piattaforma di “job matching inclusivo”, ha mostrato che la tecnologia può essere uno strumento concreto per superare gli ostacoli legati a discriminazione, lentezza burocratica, mancanza di informazioni.
Un altro ambito riguarda l’uso di tecnologie “assistive” in contesti lavorativi o produttivi: è stato progettato un dispositivo multimodale studiato per migliorare il benessere di lavoratori con disturbi dello spettro autistico e che interagiscono con robot collaborativi. Questo tipo di approccio potrebbe contribuire a rendere il lavoro accessibile anche a chi ha una neurodiversità.
Si tratta di due esempi che dimostrano come salute, innovazione e inclusione possano andare di pari passo, diventando un investimento in dignità.
Oltre il 3 dicembre
Rendere la società più inclusiva è un’opportunità di crescita collettiva, che permette di valorizzare talenti, creatività, esperienze diverse. Inoltre, favorisce coesione sociale, equità, benessere per tutti. La Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità ci ricorda questo: che la salute non è solo non avere malattie, ma è diritto a partecipare, a essere accolti, a includere.
Fine estate, energia al minimo? Il magnesio come reset naturale
Con la fine dell’estate, è probabile avvertire un calo di energia unito a una maggiore fatica fisica, difficoltà di concentrazione e sbalzi d’umore. Questa sensazione di spossatezza può essere legata a carenza di magnesio, minerale essenziale per il nostro benessere psicofisico. In questo periodo di transizione dalla stagione calda a quella autunnale, il magnesio può diventare un vero alleato per “resettare” corpo e mente, aiutando a ritrovare l’equilibrio necessario per affrontare il cambio di stagione.
Spossatezza estiva: ecco da cosa dipende
Il passaggio dall’estate all’autunno rappresenta una fase di adattamento importante per l’organismo. Dopo essersi abituato a settimane di caldo intenso, esposizione solare, giornate più lunghe e ai classici ritmi estivi, il corpo si trova improvvisamente a fronteggiare:
- riduzione delle ore di luce, che influenza i ritmi circadiani e la produzione di melatonina e serotonina
- ritorno a ritmi frenetici lavorativi e scolastici
- possibile alimentazione sbilanciata durante le ferie
- perdita di sali minerali legata alla sudorazione abbondante nei mesi estivi
Ognuno di questi fattori incide sulla nostra energia fisica e mentale e, certamente, sui livelli di magnesio nell’organismo.
Magnesio: il minerale che ci dà energia
Il magnesio è uno dei minerali più importanti per il nostro benessere e che sostiene muscoli e mente. Il magnesio prende parte a oltre 300 reazioni biochimiche nel corpo e svolge un ruolo chiave nella produzione di energia, nella sintesi proteica, nella trasmissione degli impulsi nervosi, contrazione e rilassamento muscolare, regolazione della pressione sanguigna e del battito cardiaco e nella salute di ossa e denti.
Se il nostro organismo è carente di magnesio, possono manifestarsi alcuni sintomi molto comuni, oltre alla stanchezza già sopra citata. Per esempio:
- crampi muscolari
- mal di testa ricorrenti
- insonnia o sonno disturbato
- difficoltà di concentrazione
Vi sono alcune categorie di persone – come le donne in gravidanza e gli sportivi- che sono più esposte al rischio di carenza di questo minerale. Tra queste, figurano anche le persone che seguono una dieta povera di verdure e cereali integrali, e i soggetti sottoposti a forte stress.
Reset naturale con magnesio: quando gli integratori possono aiutare
Il magnesio,è contenuto in diversi alimenti: dalle verdure a foglia verde ai legumi, frutta secca e semi, cereali integrali, cioccolato fondente, ecc. Gli integratori a base di magnesio possono rappresentare una soluzione pratica ed efficace, quando il cibo che assumiamo non basta da solo a coprire il fabbisogno giornaliero, cheper gli adultisi attesta intorno ai 240-400 mg. Nel periodo che segna la fine dell’estate può essere utile scegliere una formulazione che agisca su più fronti: energia, equilibrio elettrolitico, sistema nervoso e muscoli, come Magnesio Supremo Potassio+, a cui abbiamo già dedicato una news approfondita su HealthVerse. La sua formula combina magnesio marino con potassio, fosforo e vitamine C, B2 e B12, fondamentali per la produzione di energia e la riduzione della fatica mentale.
La stanchezza di fine estate non è solo una questione di stress post-vacanze: può essere un segnale che invita a rallentare, a nutrirsi meglio e a sostenere l’organismo assumendo del magnesio per ritrovare energia, equilibrio e concentrazione.
Gambe leggere contro il caldo: come migliorare la microcircolazione
Affaticamento, gonfiore, formicolio e senso di pesantezza: sono le sensazioni più comuni provocate dal grande caldo estivo, e che sono correlabili ad alterazioni della funzionalità del microcircolo periferico. Le temperature elevate possono, infatti, compromettere la salute delle gambe: il caldo determina una naturale vasodilatazione, rendendo più difficile il ritorno del sangue venoso verso il cuore. Cosa comporta tutto ciò? Una circolazione sanguigna più lenta, con ristagni nei distretti periferici e un conseguente aumento della pressione nei piccoli vasi. Questo processo può favorire l’infiammazione locale e la formazione di edemi: i sintomi più noti, oltre a quelli già citati, possono includere anche dolore o prurito.
Microcircolo e gambe pesanti: un legame da non sottovalutare
Il buon funzionamento del microcircolo è essenziale per la salute delle nostre gambe. Parliamo di una rete di minuscoli vasi che porta ossigeno e nutrienti ai tessuti e ne rimuove le scorie. Se questa rete non lavora in modo efficiente, si creano accumuli di liquidi e scorie metaboliche, che causano sintomi tipici come affaticamento, gonfiore e prurito. Le cause possono essere molteplici: invecchiamento, predisposizionegenetica, vita sedentaria, alimentazione sbilanciata, sovrappeso o gravidanza. È importante sottolineare che alterazioni del microcircolo non sono quasi mai temporanee, e, se trascurate, tendono a ripresentarsi ciclicamente, soprattutto con l’arrivo dell’estate.
Le strategie più efficaci per alleggerire le gambe
Sono varie e spaziano dall’aumentare l’attività fisica, al migliorare l’alimentazione e lo stile di vita, semplici accorgimenti che, se ripetuti con costanza, possono davvero apportare benefici. Camminare, pedalare, nuotare o anche solo fare brevi esercizi di stretching ogni ora durante il lavoro, sono abitudini importanti per stimolare la circolazione venosa e prevengono la formazione di ristagni. Anche l’idratazione è importante: bere almeno almeno 1,5-2 litri al giorno favorisce il corretto funzionamento del microcircolo. Una dieta ricca di frutta, verdura, cereali integrali e povera di sale, migliora il drenaggio dei liquidi. Sollevare le gambe, sopra il livello del cuore, facilita il ritorno venoso; lo stesso dicasi per un massaggio eseguito dal basso verso l’altro, con piccoli movimenti regolari, per stimolare il flusso venoso e linfatico.
Quando è il momento di consultare un medico?
Se gonfiore, pesantezza o formicolio alle gambe persistono, è sempre bene rivolgersi a uno specialista. In particolare, condizioni come ipertensione, obesità, diabete o familiarità con disturbi circolatori richiedono un monitoraggio più attento da parte di un angiologo o flebologo.
Il benessere delle gambe parte dalle piccole abitudini
Affrontare il caldo estivo con gambe leggere è possibile, ma richiede un’attenzione quotidiana. Microcircolazione e salute delle gambe, infatti, sono strettamente legate: migliorare l’una significa proteggere l’altra. Bastano piccoli gesti, ripetuti nel tempo, per vivere una routine estiva più leggera.
Sindrome dell’intestino irritabile (IBS): ascoltare l’intestino è il primo modo per curarlo
Sapevate che la sindrome dell’intestino irritabile (IBS) interessa soprattutto le donne sotto i 50 anni? Addirittura più del doppio rispetto agli uomini. Si tratta di uno dei disturbi intestinali più comuni, direttamente proporzionale allo stress, tanto fisico quando psichico. Bisogna infatti ricordare che esiste un profondo legame tra intestino e cervello: l’intestino stesso è infatti definito il secondo cervello. Ne abbiamo parlato anche su HealthVerse in questo articolo.
Che cos’è la sindrome dell’intestino irritabile (IBS)
La sindrome dell’intestino irritabile (IBS) è caratterizzata da dolore addominale ricorrente e da alterazioni della funzione intestinale, in assenza di lesioni o infiammazioni identificabili. Si tratta di una condizione complessa in cui fattori intestinali, nervosi, immunologici e psicosociali interagiscono in modo dinamico, influenzando l’andamento dei sintomi e la qualità di vita dei pazienti. La diagnosi si basa essenzialmente su criteri clinici, poiché non esistono biomarcatori specifici: centrale è la presenza di dolore addominale ricorrente, almeno una volta a settimana negli ultimi tre mesi, ma con la comparsa dei primi sintomi da almeno sei mesi.
Il dolore addominale deve però essere associato a cambiamenti nella frequenza o nella consistenza delle feci o a una relazione diretta con la defecazione. Una parte importante del percorso diagnostico consiste nell’escludere altre patologie gastrointestinali, come malattie infiammatorie croniche dell’intestino, celiachia, infezioni o intolleranze specifiche. Solo dopo questa valutazione è possibile classificare la IBS in sottotipi (con diarrea, con stipsi, mista o non classificabile): si tratta di un passaggio essenziale per impostare una terapia mirata.
Quali sono le principali opzioni terapeutiche?
Le opzioni terapeutiche per il trattamento della sindrome dell’intestino irritabile (IBS) mirano non tanto a “guarire” la malattia, quanto a controllarne i sintomi, attraverso un approccio multimodale e personalizzato. Le modifiche dietetiche rappresentano spesso il primo intervento: molti pazienti traggono beneficio da una dieta mirata, la cosiddetta dieta FODMAP (Low-FODMAPs Diet), che riduce gli zuccheri fermentabili responsabili di gonfiore e distensione addominale. L’aumento dell’apporto di fibre solubili, una buona idratazione e la limitazione di alimenti potenzialmente irritanti contribuiscono ulteriormente a migliorare la sintomatologia, anche se le indicazioni devono sempre essere adattate alle caratteristiche individuali.
Anche lo squilibrio del microbiota (disbiosi) può essere correlato all’IBS e può contribuire a disturbi psicosomatici, come ad esempio l’aumento di ansia e stress. Per questo è importante mantenere il corretto equilibrio della flora intestinale, una condizione nota come eubiosi.
Anche il supporto psicologico può fare la differenza
La gestione dello stress e il supporto psicologico stanno assumendo un ruolo sempre più centrale. Le terapie basate sulla modulazione dell’asse intestino-cervello, come la terapia cognitivo-comportamentale, le tecniche di mindfulness o l’ipnosi,si sono dimostrate efficaci nel ridurre sia il dolore addominale sia l’impatto emotivo della malattia. Questo approccio riconosce che la IBS non è solo un disturbo dell’intestino, ma una condizione in cui la regolazione nervosa e la percezione del dolore hanno un peso determinante. Il trattamento farmacologico viene invece riservato ai casi in cui dieta e interventi comportamentali non sembrano bastare.
La sindrome dell’intestino irritabile (IBS) resta una condizione eterogenea e, tuttavia, non sempre prevedibile. L’assenza di marcatori diagnostici oggettivi rende la diagnosi ancora fortemente basata sul racconto del paziente, e la risposta alle terapie può variare da persona a persona. Tuttavia, la crescente attenzione verso l’asse intestino-cervello, il ruolo del microbiota e l’importanza della personalizzazione terapeutica stanno aprendo nuove possibilità per una gestione più efficace della complessità di questa sindrome.
Movember: perché la prevenzione maschile conta davvero e perché può fare la differenza nella salute della prostata
Ribattezzato Movember, novembre rappresenta un vero e proprio promemoria per ricordare agli uomini l’importanza di fare prevenzione. E soprattutto per incoraggiarli a indebolire tutti quei tabù che ruotano attorno alla salute maschile, attraverso il dialogo e l’ascolto del proprio corpo.
Il peso del ritardo diagnostico negli uomini
Le donne fanno più prevenzione degli uomini: le visite ginecologiche regolari iniziano spesso già in giovane età e diventano parte integrante della cura di sé. Gli uomini, al contrario, molto spesso tendono a evitare i controlli: c’è chi arriva dal medico solo dopo i 60 anni e spesso lo fa perché “sente qualcosa che non va”. Nel frattempo, però, il tempo può aver già giocato un ruolo sfavorevole. Ne abbiamo già parlato su HealthVerse nell’articolo “Prevenzione femminile e maschile: un gap che è possibile colmare”. Esso mette in luce una realtà chiara: in Italia, il 61% della popolazione non si sottopone a screening e visite di controllo regolari, e gli uomini sono i meno virtuosi. Questo atteggiamento porta a un ritardo diagnostico e, di conseguenza, a interventi più complessi, con minori possibilità di trattamento efficace. La prevenzione femminile è sostenuta da un forte rapporto di dialogo con ginecologi, senologi e medici di base. Le donne parlano più facilmente dei propri sintomi, condividono dubbi, si confrontano. Gli uomini, invece, spesso vivono la salute come qualcosa di cui “non parlare”. La figura dell’uomo forte, che non si lamenta, che affronta tutto da solo, è ancora molto radicata. Ma è un’immagine che oggi fa più male che bene. Promuovere cultura, informazione e normalizzazione del dialogo sulla salute maschile è il primo passo per colmare questo gap.
Perché il PSA è un segnale utile
Tra gli strumenti più importanti della prevenzione maschile c’è il dosaggio del PSA (Antigene Prostatico Specifico): sebbene non sia un indicatore che, da solo, permette di diagnosticare il tumore della prostata, è comunque un campanello d’allarme precoce. Un valore alterato del PSA non significa necessariamente malattia, ma indica la necessità di un approfondimento con lo specialista urologo, l’unico in grado di interpretare correttamente la situazione e decidere quali esami effettuare. Prima si rileva un’anomalia, più è possibile gestirla in modo efficace. La visita urologica non è dolorosa, non è invasiva e permette di identificare alterazioni che altrimenti rimarrebbero “silenziose” per anni. È il primo atto concreto di prevenzione maschile.
Il ruolo chiave del testosterone nello sviluppo del tumore alla prostata e l’importanza della diagnosi precoce.
Negli ultimi anni, la storia clinica del tumore della prostata è cambiata in modo significativo, grazie allo sviluppo dei farmaci che agiscono sugli androgeni ed in particolare sul testosterone, l’ormone che più di tutti alimenta lo sviluppo del tumore prostatico, riducendone i livelli e rallentando l’evoluzione della malattia. L’ insieme delle terapie oggi disponibili, ha contribuito a ridurre la mortalità e migliorare la qualità di vita dei pazienti. Il punto è che queste terapie sono particolarmente efficaci quando la malattia viene riconosciuta nelle sue fasi iniziali. Proprio per questo, la prevenzione è ancora più essenziale. Infatti:
- permette di identificare i casi in fase precoce;
- consente ai medici di attivare strategie terapeutiche più efficaci;
- offre al paziente un percorso più semplice, meno invasivo e con prospettive migliori.
Prevenzione significa anche stile di vita. Accanto alle terapie e ai controlli medici, un’alimentazione equilibrata, l’eliminazione dei fattori di rischio (come fumo e abuso di alcol), il mantenimento di un peso adeguato e l’esercizio fisico regolare riducono l’insorgenza di molte patologie e migliorano la risposta ai trattamenti. La salute maschile merita attenzione, dialogo e consapevolezza. E Movember è un mese abbastanza lungo per ricordarlo.
“Prevenzione è Salute”: una campagna nazionale per promuovere screening e consapevolezza
Le malattie cardiovascolari rappresentano oggi una delle principali cause di mortalità e disabilità nel mondo e in Italia. I dati ci dicono che le patologie del sistema circolatorio sono responsabili del 31% dei decessi nel nostro Paese: ipertensione, ipercolesterolemia, diabete e obesità sono fattori di rischio sempre più diffusi e spesso sottovalutati. Tra i 35 e i 74 anni, il 49% degli uomini e il 39% delle donne è iperteso, sebbene un terzo di loro non sia consapevole della propria condizione. Il 22% della popolazione è ipercolesterolemica e circa il 35% presenta valori borderline. Il diabete riguarda circa 4 milioni di italiani, pari al 6% della popolazione, mentre 4 adulti su 10 si trovano in una condizione di eccesso di peso.
Promuovere la salute cardiovascolare significa agire sulla prevenzione, sulla diagnosi precoce e sulla promozione di stili di vita sani, elementi chiave per ridurre l’incidenza delle malattie croniche e migliorare la qualità della vita.
Un progetto che avvicina i cittadini a screening e consapevolezza
“Prevenzione è Salute” è una campagna nazionale integrata di sensibilizzazione, educazione e screening, nata da un progetto di Summeet e Inrete, con il contributo non condizionante di Recordati e la collaborazione tra istituzioni sanitarie, società scientifiche, associazioni di pazienti e professionisti della salute. L’obiettivo è diffondere la cultura della prevenzione, favorendo una maggiore consapevolezza sui fattori di rischio e sull’importanza della diagnosi precoce, incoraggiando al tempo stesso comportamenti salutari.
Il progetto è stato presentato il 27 ottobre a Roma, presso il Ministero della Salute, in occasione della Conferenza Stampa di lancio. Le prime tappe del tour, che attraverserà l’intero territorio nazionale, si terranno a Milano venerdì 14 novembre e a Varese sabato 15 novembre, con stand dedicati e attività gratuite di screening nelle seguenti aree:
Nell’area cardiovascolare e cardiometabolica, vengono proposti per persone di almeno 40 anni, percorsi di valutazione personalizzati che comprendono la raccolta dell’anamnesi e delle informazioni sullo stile di vita, la misurazione della pressione arteriosa, dell’indice di massa corporea (BMI) e della circonferenza addominale. Sono inoltre previsti test per la valutazionedel rischio di diabete di tipo 2, uno screening metabolico completo (colesterolo, trigliceridi, glicemia), l’auscultazione cardiaca con calcolo dell’indice caviglia-braccio e il test del cammino di sei minuti, utile per la valutazione della capacità cardiorespiratoria.
Nell’area salute della donna, si offrono screening e consulenze dedicate alla salute ginecologica e senologica (dai 30 anni in su). Il percorso include la raccolta dell’anamnesi, la valutazione dei principali fattori di rischio, misurazioni di base come pressione arteriosa, BMI e circonferenza addominale, test per valutare il rischio di diabete di tipo 2 e uno screening metabolico completo. Sono inoltre previsti approfondimenti dedicati alla prevenzione, alla fertilità e alla salute ormonale.
Perché la prevenzione non può più aspettare
Le malattie cardiovascolari e metaboliche, insieme alle patologie oncologiche femminili, rappresentano oggi alcune delle sfide più rilevanti per la salute pubblica in Italia.
Tumore al seno
È la neoplasia più diagnosticata nelle donne, con oltre 55.000 nuovi casi ogni anno. Quasi un quarto dei casi (23%) è attribuibile a fattori di rischio evitabili, come sovrappeso, fumo, consumo di alcol e sedentarietà. Se diagnosticato precocemente, la sopravvivenza a 5 anni supera il 90%.
Tumore all’ovaio
Colpisce circa 6.000 donne ogni anno in Italia. La sopravvivenza a 5 anni è pari al 43%, un dato influenzato dalla diagnosi spesso tardiva. Tra i principali fattori di rischio figurano l’obesità e le mutazioni ereditarie dei geni BRCA1 e BRCA2, che possono essere responsabili fino al 25% dei casi.
Fertilità
In Italia circa il 15% delle coppie ha difficoltà a concepire, e nel 40% dei casi la causa è riconducibile a fattori femminili. La fertilità diminuisce progressivamente dopo i 32 anni, con un calo più marcato dopo i 37. La prevenzione in questo ambito passa attraverso l’educazione alla salute riproduttiva, la diagnosi precoce di patologie come endometriosi o sindrome dell’ovaio policistico, e la promozione di stili di vita favorevoli alla fertilità: controllo del peso, attività fisica regolare, abolizione del fumo e riduzione del consumo di alcol.
Una cultura della salute che parte dalla prevenzione
La campagna “Prevenzione è Salute” intende costruire una nuova cultura della salute pubblica, portando la prevenzione direttamente tra le persone: nelle piazze, nelle comunità e nei luoghi di vita quotidiana. Un approccio che unisce educazione, diagnosi precoce e promozione di corretti stili di vita, per trasformare la prevenzione nella prima e più importante forma di cura.
BookCity Milano 2025: un ciclo di incontri con il contributo non condizionante di Recordati
Dal 10 al 16 novembre 2025, Milano torna a essere città dei libri con la 14esima edizione di BookCity Milano. Il tema scelto quest’anno, Il potere delle idee / Le idee del potere, invita a riflettere su come la cultura, attraverso le parole, possa influenzare la realtà e offrire tutti gli strumenti utili a comprenderla. Ed è proprio in questo contesto che si inserisce il ciclo di incontri “Le parole della cura”, realizzato con il contributo non condizionante di Recordati, dedicato a esplorare le molte dimensioni del prendersi cura – di sé, degli altri e della comunità – attraverso il dialogo tra scienza, emozioni e società.
Quattro parole per raccontare la cura
Gli incontri si svolgeranno domenica 16 novembre a partire dalle 15:00 fino alle 18:00, e saranno ospitati al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia. Centrali, quattro parole chiave: Amore, Benessere, Medicina ed Empatia. Ogni appuntamento è affidato a voci autorevoli del mondo scientifico e culturale, capaci di intrecciare sapere e sensibilità umana.
- Amore, con Antonella Viola, affronta il legame profondo tra biologia e sentimento, indagando come la chimica delle emozioni plasmi la nostra vita affettiva e sociale.
- Benessere, con Annamaria Colao e Stefano Vendrame, propone una riflessione su equilibrio e prevenzione: la salute come scelta quotidiana e consapevole.
- Medicina, con Silvia Bencivelli e Paolo Veronesi, esplora il ruolo della comunicazione scientifica e il valore della fiducia nel rapporto tra medico e paziente.
- Empatia, con Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, invita a considerare l’ascolto e la comprensione come strumenti fondamentali di cura, soprattutto in un’epoca di solitudini e fragilità.
Gli appuntamenti sono gratuiti: non sarà necessaria la prenotazione. La capienza è tuttavia limitata a un massimo di 100 posti a sedere.
La cura come linguaggio condiviso
“Le parole della cura” nasce dalla convinzione che la salute non sia solo una condizione biologica, ma una relazione continua tra corpo, mente e società. La parola diventa, così, una forma di cura: raccontare, ascoltare, nominare ciò che si vive significa riconoscerne il valore e aprire spazi di guarigione e consapevolezza. In un tempo segnato da cambiamenti veloci e da nuove vulnerabilità collettive, questo ciclo di incontri intende dare voce alla dimensione umana della scienza, promuovendo una cultura della salute che unisca conoscenza, responsabilità e compassione.
Recordati partecipa a BookCity Milano con l’obiettivo di contribuire a un confronto aperto e costruttivo sul significato contemporaneo della cura. La salute è un ecosistema che intreccia ricerca, emozioni, relazioni e linguaggio: un luogo dove la conoscenza si traduce in benessere condiviso. Il ciclo di incontri “Le parole della cura” offre uno spazio di dialogo e opportunità che unisce scienza ed esperienza umana.
Il programma completo di BookCity Milano è disponibile qui: www.bookcitymilano.it

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BookCity Milano 2025: un ciclo di incontri con il contributo non condizionante di Recordati
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La sezione esclusiva periodicamente arricchita da contenuti indicizzati per Area Terapeutica e tipologia, facilmente accessibili digitando il testo nella barra di ricerca.
Articoli, approfondimenti, interviste, video e documenti appositamente realizzati per mettere a disposizione dei professionisti della salute materiali innovativi e di valore scientifico.
Broncosauri, l’app che educa alla gestione dell’asma pediatrica
Aumentare la consapevolezza e l’aderenza alle terapie, con contenuti informativi per i genitori e giochi interattivi per i più piccoli. Scopri l’iniziativa di salute digitale firmata IQVIA con il contributo non condizionante di Recordati, patrocinata dalla della Società Italiana di Allergologia Pediatrica (SIAIP).
La Medicina Gentile
Un modello di cura più umano ed empatico in 20 ospedali italiani, partendo dall’ascolto dei pazienti. Scopri il progetto di FADOI e 1 Caffè Onlus, l’Associazione dell’attore Luca Argentero, con il contributo non condizionante di Recordati.

DOC & TV – Medici eroi sullo schermo e nella vita.
Una conversazione con Luca Argentero e Pierdante Piccioni condotta da Cristiana Capotondi.